Autore: Stefania Divertito
«Guardo il mare e ascolto queste parole. Anche il vento sa di sale. M’impregna la pelle e i capelli, mentre provo a immaginare cosa accadeva quando, con il sale, si spargevano in città anche le fibre d’amianto. Un veleno tutto sommato democratico, che ha colpito allo stesso modo chi il golfo l’ha solcato, chi ha trascorso la vita al porto e chi intorno ai cantieri soltanto ci viveva».
Una giovane giornalista decide di percorrere la via crucis dell’amianto. Nelle scuole elementari, nelle case di periferia, sulle navi che ancora oggi intossicano i porti, nelle fabbriche, racconta di chi deve combattere contro l’ottusità delle burocrazie (e l’indifferenza di un’intera classe politica) che trasforma in un calvario anche una semplice richiesta di pensione. S’invecchia così, dopo aver maneggiato l’amianto per una vita: con l’incubo di non poter sostenere la famiglia, e la certezza che prima o poi l’ossigeno verrà a mancare, perché la polvere d’amianto non fa distinzioni. Arriva, si deposita e uccide. Un libro inchiesta che dimostra come ammalarsi a causa dell’asbesto non sia una fatalità: i colpevoli ci sono, e vanno processati.
Un marchio di fabbrica, un’impronta. L’esposizione all’amianto può portare con sé tracce indelebili. Fibrosi polmonare (asbestosi), lesioni pleuriche e peritoneali, carcinoma bronchiale e mesotelioma pleurico: se una di queste patologie compare non ci sono dubbi, l’esposizione c’è stata. E non c’è una dose minima al di sotto della quale possiamo essere sicuri di non ammalarci. Lo ha ribadito la Commissione europea il 14 aprile 2009, rispondendo a un’interrogazione scritta presentata dall’eurodeputato comunista Willy Meyer Pleite. Solo in Italia ogni anno muoiono 4.000 persone a causa di mesoteliomi e asbestosi. Nel nostro paese la fibra killer ha lasciato dietro di sé una lunga scia di morti, sia nelle città dove erano presenti fabbriche per la produzione di Eternit (l’esempio più noto è quello di Casale Monferrato) sia nei cantieri navali, ma ha fatto vittime anche tra coloro che non avevano mai lavorato né in una fabbrica né tantomeno nel settore dell’edilizia. Semplici cittadini, con l’unica colpa di essere nati troppo vicino a una discarica abusiva o inconsapevoli dirimpettai di tettoie pericolose. Tutte persone a cui, nella maggior parte dei casi, è stata negata anche una semplice pensione d’invalidità e gli indennizzi che spettavano loro di diritto.